venerdì 27 dicembre 2013

Post Natale

Sono totalmente  pervasa dal sonno. Le feste mi hanno ritardato nei movimenti motori e nei movimenti mentali.. sonno, tanto sonno e stanchezza, ma felicità.  È passato un altro Natale, sto crescendo, ma sono felice, perché siamo ancora tutti insieme a festeggiarlo. È ancora un bel Natale, un Natale di una famiglia unita che ama stare insieme,  che si adopera per stare insieme e vivere felicemente questa festa. Neanche il sonno può rovinare questo momento di felicità ed estasi che pervade il mio corpo, un momento di relax e di stacco dal mondo, in cui non devo pensare a studiare, alla scuola, a nulla che possa interrompere la mia tranquillità.  So che è una fase momentanea, che tra poco ricomincerà la mia esistenza frenetica, colma di imprevisti e impegni, ed è per questo che voglio godermi questa breve ma intensa fuga dal mondo.

mercoledì 25 dicembre 2013

3, 2, 1... Hello 25 dicembre!

Ebbene sì, avevo dimenticato la sensazione che si prova quando scocca la mezzanotte e tutti cominciano a scambiarsi gli auguri. Per un attimo si cancellano tutti i problemi, il tuo corpo viene invaso da un fremito a cui non puoi scampare, e hai voglia di augurare un 'Buon Natale' alla prima persona che ti passa affianco!
Usciti dalla messa le persone sono tutte solidali tra loro, si scambiano auguri e grandi sorrisi, come se la giornata fosse partita col piede giusto e fosse il più bel giorno della loro vita. 
Niente di tutto questo, solo l'atmosfera del Natale. Si comportano da amici anche semplici conoscenti, si sta tutti fuori a chiacchierare attorno al fuoco mentre un leggero nevischio si affaccia dalle nuvole, come non volesse perdersi la grande festa che tutti stanno celebrando sulla terra.

Avendo scoperto ormai da anni che Babbo Natale sono i miei genitori, non c'è motivo per me e mio fratello di correre a letto per il timore che se restiamo svegli non ci porta i regali, e ci prolunghiamo chiacchierando del più e del meno aspettando che il sonno prenda il sopravvento.
Il che, nonostante la frenesia e l'eccitazione del momento, non è difficile.
E dopo una bella dormita, interrotta dal puntuale arrivo a casa degli zii, si va dai nonni, per passare la tipica giornata di Natale.
Sarà monotono, ripetitivo, riempi-pancia-fino-a-scoppiare, ma mi pice così e non lo cambierei per nulla al mondo.

martedì 24 dicembre 2013

Un sorriso che scalda il cuore

Dopo una giornata passata ad impacchettare i regali, eccoci a tavola pronti per mangiare. 
C'è una strana atmosfera, una sana atmosfera di allegria e frenesia. Mia madre e mia nonna schizzano da una parte all'altra della cucina per far si che tutto sia perfetto, anche se è una cena relativamente intima. Non abbiamo l'usanza del cenone della Vigilia, la vera festa sarà domani. 

Oggi, tra una cosa e l'altra, sono riuscita a vedere una persona veramente felice: il mio ragazzo, dopo aver scartato la maglietta della Lazio. Può sembrare una cosa stupida e materiale, ma sono stata felice. Felice perché mi rendo conto che basta poco per far spuntare un sorriso sul viso delle persone. Felice perché ci sono persone che ancora apprezzano i piccoli gesti. Felice perché una di queste persone sta con me. Felice perché ha scelto me. 

Alla fine non ci credo che gli opposti si attraggono, perché noi siamo molto simili. Non si possono associare due mondi completamente diversi, è necessario avere interessi comuni. E noi c'è l'abbiamo. E io sono felice. 

Basta poco per essere felici, l'importante è saper apprezzare quel poco. Io 'quel poco' l'ho apprezzato nel suo sorriso a trentadue denti che sfoggiava oggi con la maglietta in mano, in quegli occhi ridenti che mi guardavano fissi e in quelle labbra calde e avvolgenti che mi hanno sfiorato per dirmi grazie. 

Il problema è che il vero ringraziamento lo devo fare io, perché una semplice giornata, grazie a quel sorriso si è trasformata. Per questo quando qualcuno mi chiederà cos'è il Natale io risponderò: il Natale è un sorriso che riscalda il cuore.

Quasi Natale

Natale.
Siamo al 24 dicembre, la Vigilia, il momento fatidico in cui puoi stare tranquilla se hai terminato tutti i regali e hai fatto la spesa per il veglione, e agitarti e andare nel panico se ancora sei in alto mare. O alta neve, visto che con questo gelo non è proprio il caso di andare a mare.
Sono abbastanza tranquilla, forse anche troppo. E' la prima volta che finisco i regali per tempo, e questo mi calma in una maniera incredibile.. Ed è proprio questo che è sbagliato e strano.
Il Natale dovrebbe essere un momento di gioia, di unione, di fratellanza, e si riduce ad una giornata di pasti abbondanti, di regali costosi e di pomeriggi ad oziare davanti ai camini accesi giocando a carte e stuzzicando snack a non finire. Insomma, al posto di essere la festa della gioia ormai da anni è diventata la festa del consumismo e della.. pancia. E questo, soprattutto per una persona in crisi date dall'aumento di peso come me, è MALE.
Comunque sia sono serena, si prevede una bella dieta dal 7 gennaio in poi (poiché prima risulterebbe impossibile) e tutto tornerà a posto.. (o no?)
Mentre passo la mattinata a crogiolarmi sul blog, oziando e cibandomi di cioccolata, è giunta l'ora di darsi da fare, finire i pacchetti e prepararsi all'enorme quantità di cibo che raggiungerà ben presto la mia pancia, psicologicamente e fisicamente, indossando possibilmente maglie larghe e indumenti comodi. Questa è la dura vita di chi ha una nonna che per il pranzo di Natale cucina per un esercito.
Insomma, buon Natale e buona mangiata!

domenica 22 dicembre 2013

La mia strada

Può sembrare una sciocchezza, ma guidare la macchina mi conferisce libertà e soprattutto indipendenza. Anche se per ora devo ancora avere al seguito una madre che si rifiuta di salire in macchina con me alla guida e un padre che passa il tempo con la mano sul freno a mano per fermare miei eventuali istinti suicida mi diverto, mi piace. Mi piace avere le mani sul volante, decider dove andare, cosa fare, e a poco a poco mio padre ha tolto la mano dal freno a mano, facendomi capire che cominciavo ad andare bene.
Alla fine guidare la macchina è un po' come vivere. All'inizio devi imparare a parlare e a camminare, a trovare il giusto equilibrio tra frizione e acceleratore come si deve trovare stabilità nella vita. Devi imparare ad usare il freno, fermarti, mettere in prima e ripartire. Così come dopo una difficoltà devi avere la mente lucida per ricominciare, ripartire da zero, troverai momenti facili, in discesa, e momenti in salita, più duri, così come troverai prepotenti che passano col rosso o che non si fermano davanti alle strisce. Percorrerai la tua via senza guardarti indietro.. Eh si, la benzina costa troppo per permetterci questo lusso.
Non sai quando arriverà la morte, ma fa si che quando arriverà tu ti sia spinto sempre più in là per raggiungere le tue ambizioni.
E ricorda di farti dare una controllatina dal meccanico proprio come si va dal dottore, per non far si che il tuo corpo ti abbandoni perché mal curato.
È un paragone alquanto strano, il tutto semplicemente per dire che guidare è un po' come vivere: bisogna imparare a farlo, sempre meglio, ed essere prudenti..
E ricordarsi di fare benzina!

sabato 21 dicembre 2013

Noi

Sono le due e mezza di notte.
Sono le due e mezza di notte e non riesco a dormire. Mi sento stanca, gli occhi faticano a restare aperti.
Ma non posso dormire.
Cosa c'è?
Cosa c'è che non va in me?
Ho voglia di scrivere, di buttare fuori tutto quello che ho in testa.
Di porre sotto forma di caratteri neri, sempre uguali, i problemi che non riesco, non so risolvere.
Mi ritrovo di nuovo ad aver litigato con te.
Perché?
Perché.. Non so il perché.
Non so come ci riesca, né il perché, ma lo faccio.
Faccio soffrire te, soffro io.
Soffriamo NOI.
Mi basta sapere che siamo ancora un NOI e per un attimo torno tranquilla, per poi perdermi in pensieri profondi in cui questo noi finisce. Per colpa tua? Per colpa mia? Per colpa nostra?
L'unica cosa che so è che non voglio perderti.
L'unica cosa che so è che odio litigare con te.
L'unica cosa che so è che non so perché non riesco ad essere perfetta per te anche se lo vorrei infinitamente.
L'unica cosa che so è che ti amo.
E sarà stupido o banale, ma amo amarti, e lo amo da 23 mesi.
Perciò, accetta questa testa matta, questa testa calda che fa un po' quello che sente.
Questa testa matta che può sembrare insensibile e disattenta ma che conosce tutte le sfumature del marrone dei tuoi occhi.
Questa testa matta che invece di dormire spreme le meningi per capire dove sbaglia, per capire che tu sei la sua fonte di energia, e non basteranno milioni di scuse per migliorare per te, ma ho tutta l'intenzione di farlo.
Gli occhi non obbediscono più al cervello, il calore del tuo abbraccio che mi avvolge.

mercoledì 27 marzo 2013

Stanca e sola


Sono stanca.
Stanca di dare tanto per le persone ed essere ritenuti l'ultima ruota del carro, essere trascurati, essere abbandonati. Perdere un'amicizia è qualcosa di sconfortante, qualcosa che ti fa male dentro. 
'Dove ho sbagliato?' Ho cercato tanto la risposta, ho chiarito con la persona stessa ricevendo una risposta che non mi meritavo. 'Non ho niente da dirti.' 
Non so che dire, cosa fare, come comportarmi. Mi sento inutile e incapace di mantenere un rapporto di amicizia. Le persone che mi sono vicine mi trattano da amica superficiale, quella con cui fare quattro chiacchiere a scuola e uscire il sabato sera, nessuno ha veramente bisogno di me, nessuno ha niente da raccontarmi, nessuno vuole farmi veramente partecipe della propria vita. Solo io sento il bisogno di stare con loro? Evidentemente si. 
Nessuno che mi chiede come sto, o almeno nessuno a cui questo interessi veramente.
E continuo a pormi la stessa domanda. 'Dove ho sbagliato? In cosa continuo a sbagliare?' 
E mi immergo nella solitudine con i miei problemi, senza un'amica con cui sfogarmi.

Fino all'ultimo respiro


Apro gli occhi. Sono a terra, distesa. Sola. Ho paura, tanta paura. Si avvicina un uomo, mi osserva terrorizzato, e capisco di non essere affatto un bello spettacolo. L'asfalto è gelido e ruvido sotto il mio corpo,  e nell'aria aleggia un vento freddo e tagliente, che rende limpido il cielo rischiarato da una luna bianca e luminosa.

“Signorina, stia tranquilla, ho chiamato l'ambulanza. Sarà qui a momenti.”

Non riesco a guardarlo, nei suoi occhi è riflessa l'immagine di una ragazza distesa sulla strada. C'è sangue, tanto sangue intorno. E dolore. Non riesco a capire da dove provenga, tanto è forte. Nella mia testa ho una gran confusione. Tento di ricordare...

“Su signorina, è tutto a posto, sia forte!”

Forte? Sono sempre stata una ragazza forte, o almeno ho sempre cercato di nascondere la mia fragilità, tentando di esserlo. Ora no, non ce la faccio. Quella macchina, oltre alla mia vita, si sta portando via anche il mio coraggio, e una lacrima mi scende involontariamente sulla guancia.
Devo solo aspettare. Aspettare che arrivi l'ambulanza? O aspettare di morire? No, sono già stata uccisa quando quell'auto maledetta mi ha puntato addosso i suoi occhi luminosi. Sono una ballerina, la danza era tutta la mia vita. Era. Ora non mi sento più le gambe, provo ad abbassare lo sguardo e riesco a vedere solo rosso, rosso ovunque. Allora alzo gli occhi. La luna splende nel cielo. È così bianca e luminosa... Credo di essere talmente pallida da somigliarle.

“Signorina, stia sveglia, l'ambulanza arriverà tra poco! Mi dica come si chiama.”

L'attesa è devastante. Non riesco a parlare, ho un nodo in gola che non riesce a sciogliersi. Muovo le labbra e fuoriescono parole mute, silenziose. Cerco gli occhi dell'uomo che mi parla. È un ragazzo sulla ventina, capelli mori, occhi verdi che risaltano nel buio della notte, e che continuano a fissarmi. Credo sia alto, non posso dirlo. È inginocchiato vicino a me e mi tiene la mano. Nei suoi occhi leggo chiara la preoccupazione, ma non mi lascia, ha detto che non mi lascia. È forte, ci vuole del coraggio per starmi vicino. È premuroso, e anche carino, mamma, ti piacerebbe! Se solo fossi qui...

Sono felice. Sto tornando dalla festa di Francesca, la mia migliore amica. Ha fatto diciotto anni! Questo è l'anno dei diciotto, tutti in classe diventiamo maggiorenni. Sono felice! Torno a casa in questa fredda sera di marzo fissando le stelle e pensando che tra qualche mese sarà il mio turno...

Ho sempre amato il cielo e le stelle. Sono così brillanti e luminose, e così distanti... Ho sempre voluto diventare un'astronoma, e studiare il grande universo del quale non siamo che un piccolo puntino microscopico. Voglio viaggiare e scoprire, scoprire e viaggiare. Ma l'ambulanza non arriva.

Una stretta vigorosa mi fa riaprire gli occhi, ed il ragazzo è sempre lì. Averlo vicino mi dà sicurezza. Mi sembra che dall'incidente siano passate ore, e comincio a perdere le speranze. Morirò qui, tutti i miei sogni resteranno chiusi in un cassetto per colpa di un incosciente che non si è fermato al semaforo. Per colpa di un pazzo che dopo avermi colpito come un birillo con una palla da bowling ha continuato imperterrito la sua corsa alla vittoria, senza capire che il birillo si era rotto. Una bestia. Sì, una bestia, che magari si è messa alla guida in chissà quali condizioni.

Mi fermo all'incrocio, pronta per attraversare. Ho negli occhi la luce rossa del semaforo, così intensa da riuscire ad ipnotizzare. All'improvviso quei fari potenti nella notte, due occhi che mi puntano fissi...

Comincio a tremare, ho freddo, tanto freddo, e questa dannata ambulanza non arriva. Il ragazzo lo capisce e mi copre con la sua giacca. Poverino! Avrà tanto freddo anche lui... Ma mi guarda e mi sorride. Non so perché, ma non mi sento poi così sola con lui in questa grande ed infinita attesa. Il suo sguardo mi dà sicurezza.

Non avevo immaginato di morire così. Sognavo di spegnermi nel mio letto, insieme a mio marito, in vecchiaia. Non ho fatto in tempo a conoscere mio marito. Non ho fatto in tempo a conoscere la vita. Non ho fatto in tempo a sognare un futuro. Ho un fidanzato a cui voglio un bene dell'anima, con il quale avrei desiderato costruire una famiglia. Volevo dei figli, due. Un maschietto e una femminuccia: Andrea e Flavia. E avrei trasmesso a Flavia la mia passione per la danza, portandola nei teatri più prestigiosi del mondo. Invece sono qui, con la vita appesa su un filo che sta per rompersi.

Devo attraversare e tra qualche isolato sarò a casa. I miei genitori mi staranno aspettando. Mamma non riesce ad addormentarsi finché non varco la soglia di casa! Sento lo stridio di una frenata brusca sull'asfalto. Vengo catapultata sulla strada mentre attraverso tranquilla sulle strisce. Il buio.

L'attesa è lunga. Mamma, avrei tanto voluto salutarvi, te e papà, e quel broccolo del mio fratellino. Sorrido pensando a lui... Non posso credere che non lo rivedrò più. Spero che si ricordi di me, anche quando sarà grande. Ora ha solo due anni.
Per tanto tempo avevo chiesto ai miei un fratellino, per avere compagnia, per poterlo crescere e far nascere quel legame inseparabile che unisce fratello e sorella.
Un'altra lacrima scende sul mio viso. È buffo il destino a volte...

Chissà com'è la morte. Ne ho sempre avuto paura, ma ora, ad un passo da essa, sono tranquilla. So che sto per spegnermi, ma non devo farlo. Devo resistere, per mio fratello, per i miei genitori, per il mio ragazzo, per i miei amici, per il mio futuro. Lotto con la vita per combattere la morte. Combatto contro una cosa più grande di me, combatto contro la bestia.
Fatico per tenere gli occhi aperti, voglio vedere la luce, voglio salutare la mia bella Italia, i luoghi che amo, la mia casa, tutto. Ho solo 17 anni...
A settembre avrei compiuto i tanto attesi diciotto anni... Sognavo la festa, il vestito, l'ebrezza di guidare una macchina, esperienze che devo, voglio riuscire a fare. È buffo il destino a volte...

“Signorina? Si svegli!”

Ormai gli occhi cominciano a farsi pesanti, ed io comincio a vedere offuscato. Devo resistere. Avrei voluto rispondere, ma non riesco a dire nulla. A poco a poco i suoni cominciano a farsi indistinti. Da lontano sento la sirena dell'ambulanza. Finalmente!

All'improvviso cado nel buio più profondo. L'ultima cosa che vedo è lo sguardo del ragazzo, i suoi occhi attraversati da un barlume di vana speranza. Lascio la sua mano. Non lo potrò mai ringraziare per essere stato con me in quei minuti interminabili prima di morire, per avermi reso viva con quel suo sguardo forte, per non avermi lasciato sola quando il mondo sembrava avermi voltato le spalle.

L'attesa tanto lunga è finita, ed io non sono stata abbastanza forte. Perdonami mamma. Perdona l'uomo che mi ha investito, perché non è lui che mi ha ucciso, ma è stata la bestia. È lei che va combattuta. Ora sono felice, vi guardo dal cielo pieno di stelle che ho sempre amato e sto bene.

È buffo il destino a volte...

Ciao mamma, ciao papà, ricordatevi che vi ho sempre amato. Ricordatevi che ho provato a vincere la bestia.

Fino all'ultimo respiro.

mercoledì 30 gennaio 2013

Pensieri... 1

Osservo la mia camera.
E' così.. Disordinata, cosi mia. 
Eppure io la sento un'espressione del mio essere.
Ecco allora il letto disfatto, il pigiama arrotolato tra le coperte, i calzini ammucchiati, i vestiti sulla sedia, i libri di scuola sulla scrivania, la bottiglia d'acqua sul comodino. 
Questo non è disordine, mia mamma non lo capisce, voi non lo capireste. E' una parte di me, la parte frenetica che è sempre in movimento, che non riesce a trovare un posto fisso alle cose, tranne alle più importanti. Ecco allora i vestiti più belli sistemati ordinatamente nell'armadio a ponte, i libri più emozionanti in ordine nella libreria, il flauto ed il clarinetto nel loro solito posto. 
La mia camera è lo specchio della mia mente. Le cose di poca importanza vagano senza meta, e le cose/ persone fondamentali sono lì, sempre.
Ecco la mia famiglia, mio fratello, il mio ragazzo, i miei amici, la musica. Ognuno ha un suo posto, un posto fisso nella mia vita. Ognuno ha il suo ruolo, ognuno con i suoi pregi ed i suoi difetti, ognuno mi dà tanto di sé. Ed io ho bisogno di loro, sono punti fissi come le stelle in cielo, che segnano il mio cammino e che amo osservare di notte. 

domenica 27 gennaio 2013

"Gli uomini, non avendo potuto guarire la morte, la miseria, l'ignoranza, hanno creduto meglio, per essere felici, di non pensarci."

B. Pascal


L'uomo vuole fuggire, fugge, fugge dal mondo, fugge da sé stesso.
Fugge per la paura, paura di essere infelice, paura di porsi domande di vita o di morte, paura di osservare la vita scivolargli tra le mani e svanire.
Non capisce che in questo modo pensa di vivere ma non vive, pensa di essere ma non è.
Ha paura di porsi domande esistenziali, ha paura di scoprire chi è veramente.
Forse perché sa già che è una persona piena di averi ma vuota dentro, che per paura di vivere si riempie di cose, e tenta di raggiungere la felicità.
Non si impegna per avere un mondo migliore, si limita ad ignorare i problemi che lo distruggono e lo corrodono giorno per giorno, e non pensandoci, crede di essere felice.
Non si accorge che quella non è vita; basta chiudere gli occhi per non vedere la miseria del mondo, basta girarsi dall'altra parte, e cercare qualcosa che gli faccia continuare a dire "sono felice".
Impegna il suo tempo, l'uomo di oggi non si ferma mai, è un uomo in carriera, avido di denaro e di successo, sempre alla ricerca disperata di nuovi svaghi per occupare le sue giornate, tanto da non avere tempo per riflettere: non vuole riflettere, non deve riflettere, o si accorgerebbe di non essere felice, di essere stato talmente impegnato ad "avere" per essere considerato qualcuno da aver perso le persone importanti della sua vita, che gli permettevano di "essere" una persona reale.
Quando se ne accorgerà, non sarà più un uomo che vive, ma un altro oggetto che adorna questo mondo triste e monotono, reso vivo da quelle poche persone che hanno capito che per essere felici nella vita bisogna essere, non avere.